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Negli anni Settanta, quando era di moda dire sempre di sì agli studenti ed era un grave peccato, che si pagava con l’impopolarità, effettuare le interrogazioni, camminai contro corrente. Dissi di no agli studenti quando lo ritenevo opportuno, senza tuttavia rifiutarmi mai di discutere con loro, ed effettuai le interrogazioni con una certa frequenza, proprio come faccio ancora oggi. Divenni impopolare, e, tra quegli studenti che non ebbero occasione di sentire le mie lezioni, si diffuse la voce che fossi ispirato da idee fasciste. La cosa mi amareggiò un poco. Ma mi confortai pensando al fatto che l’attributo di fascista veniva elargito assai spesso in maniera impropria ed a tante persone che sicuramente non lo meritavano.

Ripercorrendo mentalmente quel periodo della mia carriera professionale, riconosco che ebbi abbastanza buon senso per comportarmi come mi sono comportato allora, visto che l’evolversi degli eventi ha finito per darmi ragione. Oggi nessun docente si sogna di far fare i compiti in gruppo, ne di condurre in gruppo le interrogazioni, per giunta quando è comodo per gli studenti, e di attribuire loro il cosiddetto sei politico. Lo ritenni anche allora una cosa errata e non mi adattai a sottoscrivere quella situazione. Molte dispute verbali dovetti sostenere con gli allievi più vivaci e più intelligenti perché, guardacaso, erano proprio gli alunni più intelligenti a farsi sostenitori ad oltranza di una concezione pedagogica così priva di senso, spiegando loro che idee siffatte non potevano che portare ad un lassismo generale. Ciò che puntualmente si verificò.

Rammentando quei tempi e quelle dispute oggi con gli allievi più polemici di allora, ho la soddisfazione di sentirmi dire che avevo ragione e di essere ringraziato per aver assunto un atteggiamento fermo e coerente nell’indirizzarli verso l’ardua strada dell’attività e della responsabilità.