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So bene che l’esercizio di una prassi tanto onesta comporta un assoluto disinteresse, cosa che in politica è difficile da realizzarsi tanto da parte degli individui quanto da parte dei popoli. D’altro canto, tutte le opere grandi e buone sono difficili da portare a compimento e solo la volontà forte e spassionata può riuscirci. Nella fattispecie, l’opera grande e buona da compiere consiste nel sottrarre la maggioranza del genere umano all’arretratezza e all’emarginazione e nell’adeguarla all’evoluzione e alla civiltà di quella minoranza più fortunata. E’ un compito molto arduo per la cui realizzazione occorre una grande disponibilità. Cosa che si può ottenere soltanto dietro una preparazione paziente e faticosa. Se diamo uno sguardo all’aspetto più appariscente del tempo nostro, un simile compito sembra non solo inattuabile,ma addirittura improponibile. Eppure non mi sento di vedere le cose alla luce del pessimismo più nero. Sono certo che si può ottenere una radicale inversione di rotta se la parte più consapevole dell’umanità vorrà decidere di assumere un atteggiamento più conforme ai sacrifici che sono necessari perché l’umanità intera possa usufruire delle comodità e del benessere che la scienza, la tecnica e l’evoluzione della civiltà, hanno prodotto.

Come tradurre questo in atti concreti? Ritengo che sia doverosamente necessario praticare una cultura diversa rispetto all’attuale, che ha come fine principale l’egocentrismo. Ognuno pensa di vivere il meglio possibile senza preoccuparsi affatto di come vivano gli altri. Il vicino non conosce il vicino perché non sente interesse a farlo, chiuso com’è nella sua autosufficienza. E’ un fenomeno sociale che fa paura. Non saprei dire, in questo preciso momento, dove porterà, ma non riesco ad esimermi dal pensare che il risultato non potrà che essere catastrofico per il genere umano se si insiste a camminare per questa strada.

La spietatezza con cui ogni singolo individuo tende a mettere in primo piano se stesso ha generato ai nostri giorni la cultura della violenza e della sopraffazione. Si uccidono i propri simili per una manciata di lire, non tenendo in alcun conto il valore della persona umana. Chi poi non riesce ad emergere sugli altri, si annega nei paradisi artificiali della droga, contento di godere, così, di quella felicità che gli hanno procurato con la sopraffazione del prossimo. Purtroppo però colui che si droga non è meno violento di chi, sentendo di essere forte, concretizza le proprie aspirazioni, ricorrendo senza porsi il minimo scrupolo alla altrui sopraffazione. Infatti il drogato, quando entra in astinenza, cade nella più tetra disperazione non soltanto sotto l’aspetto fisico, ma anche sotto l’aspetto morale, disperazione da cui un pressante istinto biologico lo induce ad uscire. Per far questo è deciso a mettere in pratica ogni possibilità che suppone concretizzabile, poco o nulla preoccupato della sua liceità giuridica o morale.

Specie in questi ultimi trenta o quarant’anni, la scienza e la tecnica hanno fatto progressi impensabili. Mai si sarebbe pensato, negli anni trenta del nostro secolo, che l’automazione, l’informatica ,avrebbero toccato i traguardi che hanno raggiunto attualmente. E ciò che meno ancora si sarebbe pensato è che questi progressi tecnico-scientifici avrebbero penetrato, almeno nei Paesi industrializzati, il mondo delle masse più infime, soddisfacendo tutti o quasi i loro bisogni, di modo che ogni loro esigenza è stata tacitata. Il tenore di vita delle masse più povere si è elevato uniformandosi a quello della piccola borghesia. Il modo di vivere della piccola borghesia, se considerato dal punto di vista materiale, non è cambiato molto rispetto ai primi decenni del nostro secolo, se si eccettua il fatto che anch’esso ha usufruito delle nuove scoperte della scienza e delle nuove invenzioni della tecnica fatte da allora ad oggi. E’ innegabile però che il prestigio della piccola borghesia è di gran lunga diminuito per non dire che, sotto molti versi, si è totalmente vanificato. Ma quel che è peggio è che essa non ha ormai nessun potere politico e sociale perché ha perduto ogni forza contrattuale nella società. Gli insegnati, gli impiegati, i funzionari dei vari settori amministrativi sono considerati un ceto improduttivo e quindi da retribuirsi anche in base alla considerazione che se ne ha. D’altro canto, nel disordine in cui vivono dal punto di vista spirituale le società industrializzate, le proteste di questo ceto cadono nel vuoto. Se si fermano le amministrazioni dello Stato, delle Regioni, delle Province e dei Comuni, se le scuole si chiudono perché gli addetti scioperano, si è portati a pensare, da parte della maggioranza della popolazione, che non succede nulla di male perché tutto ciò non causa alcun danno grave a nessuno. Anzi il danno più grave capita proprio a loro in quanto perdono lo stipendio e quindi, o prima o dopo, riprenderanno certamente a lavorare se non vogliono ridursi alla fame. Quando invece scioperano gli operai, manca la corrente elettrica, non funzionano i telefoni, le merci scompaiono dai negozi perché non vengono trasportate per la distribuzione, si fermano le fabbriche e tutte le attività materiali di un Paese si paralizzano.