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L’Illuminismo è un movimento di pensiero e di cultura assai complesso, che travalicò il campo prettamente intellettuale per diffondersi in tutti (o quasi) gli altri campi della vita degli uomini. È difficile stabilire dove esattamente sia sorto. Esso, infatti, deriva dalle dottrine filosofiche e scientifiche che si svilupparono in Inghilterra e che, a partire da Francesco Bacone, attraverso Hobbes, Locke, Newton e i Moralisti, arrivarono fino ai Deisti. Non di meno vi contribuirono, tuttavia, le dottrine di Cartesio, Spinoza, Leibniz e i Giusnaturalisti, Galilei e Pascal. Ma a parte le origini, non c’è dubbio che l’Illuminismo abbia avuto in Francia l’ambiente più favorevole per il suo sviluppo, dove ha raggiunto il culmine della sua maturità. Da qui si espanderà poi in tutti i Paesi europei, pur non producendo in essi gli stessi effetti che era riuscito a sortire in Francia, che sfociò nella grande Rivoluzione.

La Rivoluzione francese attuò, tra il 1789 e il colpo di Stato del 18 brumaio (9 Novembre) del 1799, che doveva portare Napoleone Bonaparte al Consolato e all’Impero, in prassi politica tutto ciò che l’Illuminismo aveva concepito e delineato in fase teorica. Nel giro di quei dieci anni la Francia passò dalla monarchia assoluta di diritto divino alla monarchia costituzionale, dalla repubblica moderata dei girondini a quella radicale dei giacobini e di Robespierre, in cui emerse come sovrano il grande terrore, a quella borghese del direttorio che ebbe vita con la Costituzione termidoriana. Ebbene, tutti gli aspetti politici, sociali, economici, culturali, morali e religiosi che emersero e vissero durante la rivoluzione, fu l’Illuminismo francese a concepirli e a farli nascere. Così vediamo come l’opera di Bayle produsse un cambiamento radicale della società francese. Il clero e la nobiltà debbono, secondo Bayle, perdere i privilegi di cui godono. Deve essere realizzata la tolleranza più completa in campo religioso, la cultura deve essere lasciata libera in tutte le sue manifestazioni. Le stesse critiche rivolgeva alla società francese Montesquieu nelle Lettere persiane indicava, come modello di cambiamento, la società inglese dell’epoca. Sulla scia di Locke e di quanto era avvenuto in Inghilterra con la Rivoluzione del 1688, prospettava l’esigenza che anche in Francia si realizzasse una monarchia costituzionale e delineava, a sua garanzia, la divisione dei poteri in legislativo, esecutivo e giudiziario. Voltaire, con la sua abilità di polemista, infliggeva colpi mortali alle principali concezioni su cui si reggeva la società del suo tempo. Così, rivisitando le opere di Bayle, e ispirandosi alla situazione socio-politica dell’Inghilterra di allora, metteva in forse la concezione della monarchia assoluta per diritto divino; affermava la necessità della totale tolleranza in campo religioso, sebbene non abbia mai negato l’esistenza di Dio e approvato l’ateismo; criticava a fondo la concezione leibniziana dell’ottimismo prospettato nella Teodicea; auspicava una morale meno conformista e impostava una concezione moderna della storia. I materialisti, facendo derivare tutte le facoltà dell’uomo dai principi attivi insiti nella materia, giungevano a sostenere un’etica utilitarista e una concezione libertaria propria dell’uomo giacché egli, avendo la volontà strettamente condizionata dal cervello di cui, anzi, essa non è che una modificazione, non è responsabile della sua condotta.

Ma il passo più significativo l’Illuminismo lo fece con l’opera di Rousseau. Nel Discorso sulle scienze e sulle arti, egli sostiene che le scienze e le arti non hanno affatto contribuito al progresso dell’uomo, ma che anzi lo hanno condotto alla corruzione e al vizio, facendogli perdere quella bontà e quella integrità originarie che egli aveva quando uscì dalle mani del creatore. Nel Discorso sull'origine e i fondamenti dell'ineguaglianza tra gli uomini, attribuisce l’origine di tutti i mali sociali alla proprietà privata.

 

Da quando un individuo – egli scrive- dopo aver recinto un campicello, disse :”questo è mio” cominciarono tutti i mali della società.

 

Da allora la disuguaglianza tra gli uomini divenne un fatto incontrovertibile. E ciò, a parere di Rousseau e di tutti gli illuministi, è una gravissima cosa in quanto viene ad essere violato quel principio naturale secondo cui gli uomini, dotati tutti della medesima ragione, non possono che essere uguali tra loro. Nel Contratto sociale, Rousseau, mentre da un lato prospetta la necessità che ogni individuo viva nella società e si uniformi strettamente ad essa, obbedendo incondizionatamente alle regole che stabilisce, dall’altro, si fa strenuo sostenitore della libertà del singolo. Il singolo, infatti, vive in società al solo scopo di salvaguardare la libertà propria. Bisogna istituire il principio, sostiene Rousseau, per cui ogni singolo individuo, obbedendo alla volontà generale, della quale la società è espressione, non obbedisca che a se stesso. Sempre in quest’opera egli enuncia, in maniera irrefutabile, il principio su cui si fonda la democrazia. I governanti sono deputati al loro ufficio dal popolo e ad esso soltanto devono rispondere delle loro azioni di governo. Quando ciò non facessero, essi verrebbero meno al compito per cui sono stati eletti, e il popolo ha la facoltà e il dovere di sostituirli. Nell’Emilio, Rousseau espone i principi mediante i quali l’individuo deve essere educato. Essi danno luogo ad una educazione che si attua in forma negativa. Il maestro non dovrà mai costringere Emilio a fare quanto egli prescrive, ma lasciare che il ragazzo faccia tutto da sè, di modo che la sua formazione si compia con assoluta spontaneità. Tutt’al più potrà assumere alcune iniziative per creare determinate condizioni che inducano l’allievo a servirsene per adempiere a certi compiti, che la sua educazione comportano.

Come ho detto poco più sopra, i diversi aspetti del pensiero politico illuminista trovarono pratica attuazione nei vari risvolti della Rivoluzione francese tra 1789 e il 1799, quando Napoleone, ascendendo al Consolato, ne decretò la fine. La meta a cui essa approdò fu l’instaurazione del dominio politico della borghesia, che era poi lo scopo che la filosofia dell’Illuminismo aveva stabilito di raggiungere.

Lo scopo che il pensiero illuminista raggiunse con la Rivoluzione francese, mi porta a dire che esso non fu costituito solamente da idee, ma che anche i fatti si fecero sentire nel determinarlo. Il pensiero non operò esclusivamente nell’astratto, ma tenne conto, nel formulare le sue concezioni, della situazione storica in cui venne a trovarsi. La borghesia francese, che era potentissima in campo economico, non si rassegnava ad essere esclusa dall’esercizio del potere politico, il quale è quello che attribuisce il vero prestigio sociale. In questa funzione i pensatori francesi dell’Illuminismo si adoperarono a dimostrare l’infondatezza legale dei privilegi del clero e della nobiltà, e di quella concezione che voleva la monarchia essere assoluta per diritto divino. Bisogna però aggiungere che la borghesia poté mobilitare i pensatori per i suoi fini, in quanto l’Ancien Régime aveva prodotto condizioni di tale disagio che oggettivamente avevano sorpassato ogni limite di sopportabilità da parte della comunità sociale. Luigi XIV, allo scopo di esautorare dalle prerogative politiche la nobiltà ed accentrare nelle sue mani tutto il potere, l’aveva rinchiusa in quella gabbia d’oro, che fu la reggia di Versailles, soddisfacendone la vana gloria con laute prebende e divertimenti d’ogni genere, che incidevano seriamente nelle finanze dello Stato. Per soddisfare poi la sua continua sete di gloria, che altro non era che mania di grandezza, aveva condotto mezzo secolo di guerre contro tutta l’Europa, lasciando alla sua morte la Francia economicamente stremata, nonostante l’abilità del ministro Colbert nell’amministrare le finanze del Paese. La crisi della Francia era già così grave, mentre Luigi XIV era ancora in vita, da indurre Fénelon a dirigere al re nel 1695 una lettera aperta per invitarlo a porvi rimedio il più presto possibile. Fénelon rammentava al re di aver pensato fino ad allora solo alla sua gloria, mentre la maggioranza del popolo moriva di fame, costretta per sopravvivere a nutrirsi di erbe e di ghiande. Ma Luigi non si preoccupò delle esortazioni Fénelon, e finché visse, non mutò atteggiamento.