Io, per dirla con Gino Capponi, sono convinto che nella società si debbano “alzare i piani e abbassare le altezze “. Si debba cioè praticare quella democraticità che a Nietzsche riusciva tanto sgradita. Non intendo negare i meriti personali, ma nemmeno estenderli a tutta una casta. L’aristocrazia non si fonda su una casta di appartenenza, bensì sulla singolarità degli individui. Un individuo può definirsi aristocratico quando pone le sue qualità superiori al servizio di coloro che la natura ha meno dotato di lui e non quando se ne serve per sopraffarli. Il poeta greco Focilide sosteneva, già nel VI° sec. a.C., che la vera nobiltà non è quella che si eredita per nascita, ma quella costituita dalle nostre qualità. Ciò significa che aristocratico è colui che pone al servizio degli altri uomini le proprie doti naturali e li guida nel difficile cammino della loro evoluzione. Non intendo abolire le gerarchie nella società. Una società di eguali è inconcepibile. Gli utopisti che l’hanno descritta, sono stati sognatori ad occhi aperti; e quelli che, come Lenin, l’hanno messa in pratica, sono incorsi in un clamoroso fallimento, i cui effetti risultano proprio oggi più che mai pesanti. I problemi però che hanno indotto questi utopisti a mettere in pratica le loro idee da cui sono sorti gli esiti sociali maldestri che stanno sotto i nostri occhi, sono tuttora irrisolti e l’aspirazione a risolverli non è certamente morta. C’è anzi nel mondo un gran fermento che prospetta l’esigenza di dare ad essi una sollecita soluzione. Il socialismo quando ha preteso di estremizzare le proprie posizioni attuando il comunismo, è andato incontro ad un fallimento inesorabile. Tuttavia le sue idee sono ancora vive nelle aspirazioni degli uomini tanto più che i problemi che implicavano sono ben lontani dal trovare una soluzione adeguata. L’aristocrazia dunque è data dalla bontà, dall’altruismo, dalla capacità di sacrificare se stessi a favore degli altri pur senza essere martiri. L’aristocrazia non esige l’annullamento, ma soltanto la disponibilità a scomodarsi. L’aristocratico può essere laico o credente; la sua fede religiosa o la sua laicità non sono determinanti nella sua qualificazione. Molto importante è invece, per la sua caratterizzazione, che egli sia diffusore di bene e di umanità; tollerante e apprezzatore delle altrui opinioni, antidogmatico, disponibile al dialogo e umile tanto nell’affrontare i problemi, quanto nel ricercare le soluzioni. Esigerà per sé il massimo rispetto ed altrettanto ne porterà agli altri. Ogni suo atteggiamento, ogni sua azione saranno indirizzati alla salvaguardia della dignità dell’uomo la cui inviolabilità sarà sempre il suo massimo obiettivo. La cordialità e la socievolezza saranno continuamente sue inseparabili compagne. La simpatia lo renderà vincente nelle battaglie che combatterà per l’elevazione dei suoi simili.
Che cos’è “Aristocratico"
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