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Crediamo, vivendo nella civiltà postindustriale, di trovarci un era di alto progresso civile, eppure conviviamo con situazioni di profonda barbarie. La crescita smisurata delle città evidenzia la mia affermazione pessimistica.


Ritengo che una civiltà possa veramente definirsi tale quando pone tutti gli uomini nella condizione esistenziale delle situazioni che è capace di offrire. La crescita incontrollata delle città sta invece offrendo a una grandissima quantità di abitanti del nostro pianeta condizioni subumane. Nel Terzo Mondo il fenomeno è più macroscopico rispetto ai Paesi industrializzati. Tuttavia non si può dire che anche in questi Paesi esso non si faccia sentire.
La crescita smisurata delle città provoca insensibilità e indifferenza degli uni verso gli altri. Il vicino non conosce il vicino perché non sente affatto l'esigenza di conoscerlo.
Nasce da qui la mancanza di solidarietà che caratterizza la nostra epoca. Ed ecco allora svilupparsi la violenza, la sopraffazione dei più deboli e la loro emarginazione, dal momento che non sono in grado di inserirsi di forza nella società in cui vivono. Vivere in una grande città significa avere necessità di un certo quantitativo di denaro per poter condurre una vita accettabile, e nessuno intende, giustamente, rinunciare a questo elementare diritto. Ciò induce coloro che si sentono validi fisicamente e intellettualmente a ricorrere a qualunque mezzo per conseguire lo scopo. In tal modo si sviluppa la criminalità più spietata, giacché nella convinzione di chi la pratica nasce l'idea che questo sia il modo da seguire per poter ottenere ciò che le leggi civili non concedono. Questo è certo un procedimento di comodo, perché ormai non si conosce più la rinuncia dignitosa ma si mira sempre a seguire i procedimenti che ci portano ad emergere, convinti che dobbiamo uniformare la nostra vita a coloro che finora l'hanno condotta in maniera più agiata di noi.



La crescita incontrollata delle città nasce indubbiamente da una cattiva distribuzione delle risorse vitali. Nel Terzo Mondo il fenomeno è più palese che nei Paesi industrializzati. Nei Paesi sottosviluppati la popolazione della campagna è priva dei mezzi più essenziali per vivere. In essa i casi di mortalità per fame non si contano. E ciò non avviene soltanto tra i bambini, come talvolta tendono a far credere i mezzi di comunicazione di massa, ma anche tra gli adulti, sebbene si tenda a minimizzare il fenomeno, anche per la vergogna che comporta. E' quindi chiaro che la popolazione delle campagne è costretta a riversarsi nelle città con la speranza di riuscire a procurarsi quel minimo di risorse vitali che in campagna non è stato possibile trovare. Ha scritto il demografo francese Alfred Sauvy : " se la ricchezza non va agli uomini, gli uomini andranno alle ricchezze ". Il fatto è che, purtroppo, le grandi città del Terzo Mondo di ricchezza ne hanno ben poca, e, alle popolazioni che vi ammassano fuggendo dalle campagne, possono offrire soltanto miseria, povertà, cattive condizioni igieniche apportatrici delle più disparate malattie e disagi impossibili a descrivere e ad enumerare.
Nelle città del Terzo Mondo le popolazione vivono in condizioni assai precarie. Malattie come la polmonite, la tubercolosi, le infezioni intestinali sono all'ordine del giorno. Un'infinità di persone sono affette da gastroenteriti croniche, da diarrea e dissenteria dovute ai parassiti che infestano l'acqua potabile. Immense quantità di rifiuti vengono ammassati in discariche a cielo aperto. A Bombay, per esempio, la febbre tifoide è endemica, mentre alta risulta l'incidenza della malaria e della tubercolosi. Calcutta combatte perfettamente col colera, il quale vi provoca un centinaio di morti ogni anno.
Queste città gigantesche non hanno acqua potabile che in minima quantità. Le loro periferie sono sommerse dai rifiuti. Le fognature mancano o scorrono a cielo aperto. L'incuria con cui sono tenute queste immense città è orribile. Si pensi, per esempio, a quanto accade a Madras. Il sistema organizzativo della città risale al 1911. Esso venne progettato e organizzato per servire una popolazione di circa seicentomila abitanti. Oggi solo il 40% dei oltre cinque milioni di abitanti dei residenti è collegato alla rete idrica urbana. Quasi tre milioni di persone devono rifornirsi di acqua ai pozzi pubblici, ognuno dei quali serve circa un migliaio di persone. Gli studiosi di malattie infettive sono molto preoccupati delle condizioni igieniche disastrose in cui vivono gli abitanti di queste immense città, non soltanto per le sofferenze dirette che vi si verificano, ma anche per le malattie che vi si potrebbero sviluppare oltre quelle che già ci sono e di cui non si sa fino a che punto si riuscirebbe ad avere il controllo per debellarle.



Io credo che sia più che mai urgente intervenire a regolamentare la crescita delle città, se vogliamo che l'umanità non corra rischi, che potrebbero essere fatali a un numero elevatissimo dei suoi componenti.
Il fatto è che nelle immense città del Terzo Mondo, vedi formicai umani, la gente vive in condizioni veramente animalesche. Qui l'umanità subisce ogni forma possibile di degrado, umiliata e calpestata fino all'inverosimile nella sua dignità più elementare. E' una situazione indecorosa non solo per chi la vive direttamente, ma anche per tutti gli esseri umani che popolano il nostro pianeta. Credo che gli abitanti dei Paesi industrializzati non possono chiudere gli occhi di fronte ad un problema così grave, solo perché non lo vivono in prima persona. La domanda che tuttora si pone è questa : " Fino a quando i popoli dei Paesi sviluppati potranno evitare di vivere almeno qualche aspetto di quel problema? " I popoli oggi abitano più vicini tra loro rispetto al passato, e i problemi che sorgono all'interno di un popolo diventano, in qualche modo, problemi anche per gli altri popoli. I cicloni che si abbattono sulle comunità locali, non lasciano indenne la comunità internazionale.
Io credo che la regolamentazione delle città, specialmente nei Paesi sottosviluppati, possa avvenire se si riesce a indurre le popolazioni delle grandi città a tornare nelle campagne. D'altro canto si sa che le popolazioni nei paesi del Terzo Mondo hanno abbandonato le campagne non certo per il piacere di inurbarsi, bensì perché in esse non riuscivano a sopravvivere. Sono quindi convinto che non è una cosa molto difficile persuadere le popolazioni ad abbandonare le città per tornare nelle campagne che hanno trascurato. Tuttavia questo potrà avvenire soltanto se le campagne abbiano le strutture adeguate perché la gente vi possa condurre una forma di vita accettabile.